18/04/2013

un bel pezzo...

Vado a pranzo con questo amico in difficoltà. Lavorava per una multinazionale, tre mesi fa è stato licenziato senza spiegazione. A volte sembra che lo abbia ferito più l'assenza di spiegazione che il licenziamento. Ma la cosa che mi colpisce è un'altra: si versa da bere, alza il bicchiere e gli trema la mano. Prima, non gli accadeva. Quando riappoggia il bicchiere sembra esausto. Qualche giorno dopo incontro per caso in un bar un vecchio compagno di università. Ordiniamo due aperitivi. Lui mi racconta del suo recente divorzio. Il matrimonio è durato dodici anni e ha prodotto non uno ma quattro figli (l'ultimo, pare, per sbaglio). Se ne sono andati tutti, abitano con la madre in un'altra città. Arrivano i cocktail. Brindiamo. La sua mano trema. In modo così evidente che temo possa cadergli il bicchiere. Va tutto bene, invece. O quasi. Appena resto solo, guardo la mia mano destra. La muovo. la tengo tesa. Non trema. Perché non ci sono passato o perché sono andato oltre? Fui cacciato da un editore dopo una rissa non solo verbale, ho un annullamento alla Sacra Rota, ma ero giovane quando l'una e l'altra cosa accaddero. Forse è quello a spezzarti: quando succede tardi, troppo tardi perché tu creda nella riparazione o nella seconda occasione. Eppure, prima o poi, accade. E quindi? C'è sempre da imparare, e non necessariamente da un testo di filosofia. A volte le verità vengono da fonti inattese. Ben Affleck, per esempio: mica Heidegger. Penso al suo discorso quando ha ritirato l Oscar per il miglior film (Argo).
Alla parte finale, quella in cui ha detto: "Non conta come finirai al tappeto nel corso della tua vita, tanto accadrà inevitabilmente. Tutto quel che conta è che devi saperti rialzare". Esatto. Prima o poi, a vent'anni o a cinquanta, il colpo del k.o. arriverà. Potrà essere più o meno forte, più o meno corretto. Non è questo che importa. Haragione Affleck: conta solo sapersi rialzare. I migliori non  sono quelli che restano sempre in piedi, ma quelli che si tirano su e diventano più forti di prima. Eccone una lista (i primi che mi vengono in mente): Muhammad Ali, Bill Clinton, Roberto Baggio, Robert Downey Jr., Niki Lauda, Gesù Cristo, Juan Domingo Peron, Alex Zanardi, Napoleone, il Conte di Montecristo. Disse Baggio: "Sono andato oltre il dolore". Disse Ali: "Mi riprendo tutto". Disse l'ultimo della fila: "E adesso facciamo i conti". Incarcerati, infortunati, ustionati, esiliati, crocefissi. Si sono rialzati tutti. E poi ci sarebbe Ulisse, che ha collezionato tutte (o quasi) queste piaghe messe insieme. Che ha perso la strada di casa e gli anni migliori della sua vita (nonché quelli di sua moglie e suo figlio). Che potrebbe arrendersi alla superiorità dei ciclopi, al canto delle sirene, all'incantesimo della lontananza. Invece torna. Si rialza  ogni volta e riparte. E quando arriva a Itaca sfida i proci. Come? A una gara di tiro con l'arco, in cui scoccare la freccia richiede una forza mostruosa e una mano fermissima. La mano ferma di Ulisse è la mano dell'uomo che ha superato ogni prova e ha trovato se stesso. Possa tu, amico mio, riaverla.

Gabriele Romagnoli 
                                       editoriale GQ aprile 2013 

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